Un villaggio dei Grigioni 3

Il signore bruno è convinto che il nostro sia solo un passaggio e che non torneremo più in questo luogo e certo non immagina che tre mie entità lo abbiano abitato: JOPHIEL, NELL’ALBERGO PRIMA che diventasse tale; il FOLLE DEI GABBIANI, IN CASA AURORA; e UN MIO ALTER EGO, una senza nome, in occasione di una strana festa aperta ai morti, IN CASA WEBER, alle porte del villaggio provenendo da Chiavenna, quasi sulla strada per il MALOJA, accanto ai boschi del CUDIN.

Mi insedio in casa Aurora in un tardo mattino assolato di Luglio, che corrisponde a un giorno di Maggio anni SETTANTA in ITALIA. E infatti ho visto fiordalisi ai margini della via che sale in Engadina (a Bologna li fanno pagare sette euro a mazzetto).

Sono sbocciati nei pressi di CASTELMUR. Saranno sbocciate anche le clematidi, che non ho mai visto, sui prati della VAL FEX e nel giardino della chiesetta di CRASTA dove nel corso del mio ultimo viaggio da sola, scoprirò occasionalmente la tomba di CLAUDIO ABBADO sotto un ghiacciaio.

APPENA IN CASA AURORA VEDO I TRONCHI CHE REGGONO IL SOFFITTO, RIPENSO al sottotitolo di quel dipinto, DESTINI DI ANIMALE, di Franz Marc. GLI ALBERI MOSTRAVANO I LORO ANELLI ANNUALI… Dipinto che mi folgorò quando lo vidi al museo di BASILEA, affiancato alla sua sinistra dalla SPOSA DEL VENTO di Kokoschka; alla sua destra dall’ANGELO CADUTO di Chagall. Di quel mostruoso e imporporato essere ciclopico ricordo ora solo un occhio come fosse unico, gigantesco.

Fu allora che comprai la versione tedesca del CAPOLAVORO SCONOSCIUTO di BALZAC, Das unbekannte Meisterwerķ.

Lo strano qui è che tutto, nei particolari, è così bello da sembrare artefatto, PATINATO, IRREALE. Ma che la PUBBLICITA’, sovrana in ogni tempo, si insinui ovunque, è un pregiudizio: QUALCOSA SI SALVA SEMPRE. Qui si salvano l’albero di amarene, i girasoli schiaffeggiati dal vento, la collana di bocche di leone e di gladioli che indossa il lampione sotto casa. Si salva la foltissima erba sotto i fili lunghi dello stendibiancheria dietro il cancelletto di legno cigolante (per la prima volta ho voglia di fare il bucato); si salvano le rondini e le farfalle che, condividendo lo stesso spazio d’aria, svolazzano quasi a gara sullo sfondo dei monti della VAL CHIAVENNA, tra il PIZ CAM, credo, alla mia destra e alla mia sinistra la FRANA.

Le rondini finora le avevo viste solo nei libri di fiabe, lì sembravano più grandi.

EPPURE SONO LORO. LA CASA a fianco si chiama appunto LA RONDINELLA.

La sera di quel giorno di Luglio esco: voglio fare un giro per il villaggio, percorro una via di staccionate e di gatti sonnacchiosi. Nei giardini delle case noto tronchi cavi supini, consolati nelle cavità da muschio, terriccio, fioretti e palle di NATALE luccicanti, piantate su stecchetti di legno, come mele glassate. A un certo punto nell’aria che forse sa già di fieno, si sparge un lamento. Mi trovo vicino a una macelleria simile a una boutique che sembra ingrandita per incantamento in qualche WONDERLAND AL MUSEO DEL GIOCATTOLO DI BASILEA da un modello in miniatura di Boucherie in una raffinata CITTA’ DELLE BAMBOLE e parcheggiato di fronte, vedo un gabbiotto che sembra di zinco, con appena un foro per il respiro della bestia incarcerata: IL LAMENTO VIENE DA LI’. Sembra che l’animale abbia decodificato dal genoma trasmessogli dagli avi, il proprio destino: MATTATOIO. La percezione del futuro come carattere trasmissibile.

PECCATO, CHE UN GIORNO SIMILE FINISCA COSI’!!! Ho un malessere vago.

Non ho più voglia di girare. Mi volto, torno a casa.