Joseph Berglinger 3

Testo originale del Joseph Berglinger con quadretto scoiattolo sul fondo

Quando Joseph assisteva a un concerto sedeva in un angolo senza volgere gli occhi alla splendida folla e stava in raccoglimento come in chiesa, fermo e zitto, lo sguardo fisso al suolo, così attento alla minima nota che alla fine si sentiva tutto stanco e indebolito.

La sua anima, sempre inquieta, era tutto un gioco di suoni, come se staccata dal corpo, aleggiasse intorno o il suo corpo si fosse fuso con l’anima. Allora tutto il suo essere vagava libero e leggero, attorniato dalle belle armonie e le più sottili gradazioni delle note si imprimevano nella sua anima sensibile.

Quando Joseph ascoltava le sinfonie, da lui soprattutto amate, che sprigionavano un gaio incantamento da un’armonia poliedrica, aveva l’impressione di vedere un brioso coro danzante di ragazzi e ragazze, che su un prato sereno, in andirivieni, formassero coppie parlando e intrecciando allegria di pantomime. Certi suoni erano così chiari e pieni che le note gli sembravano parole. Talvolta formavano un singolare miscuglio di tristezza e allegria nel suo cuore e il riso e il pianto sembravano fondersi, come accade spesso nella vita, cosa che nessuna arte può esprimere come la musica.

E con quale incanto, con quale meraviglia ascoltava una musica che esordiva con una melodia rasserenante come un ruscello che precipiti in gorghi sempre più tenebrosi per poi trascinarsi, prodigiosamente inavvertito, in singhiozzi dirompenti o scrosciare tra macigni selvaggi con spaventoso fragore. Queste impressioni generavano nella sua anima corrispondenti immagini e nuovi pensieri. Che meraviglioso dono, questa musica! Che tanto più potentemente sconvolge tutte le forze del nostro essere quanto più il suo linguaggio è oscuro e denso di mistero.

I bei giorni nella residenza vescovile erano ormai finiti e Joseph doveva tornare al natio borgo, nella casa paterna. Come triste fu questo ritorno! E come si sentì meschino e immalinconito a ritrovarsi in una famiglia i cui pensieri miravano solo al soddisfacimento dei bisogni primari, e accanto a un padre che poco comprendeva dei talenti del figlio e detestava tutte le arti ritenendole schiave delle passioni e delle brame più sfrenate nonché adulatrici del mondo dei nobili.

Fin dal principio aveva notato con rabbia repressa che nel suo Joseph era nata e cresceva ogni giorno di più una insana passione per la musica, quindi aveva fatto un fermo e serio tentativo di distoglierlo dalla dannosa devozione a un’arte il cui esercizio non gli sembrava poi molto diverso da un hobby buono ad appagare i sensi ed aveva provato a iniziarlo ai principi primi della scienza medica, la più utile al genere umano, dandogli in mano anche dei libri.

Si può immaginare che tortura fosse per il povero Joseph, reprimere il proprio musicale entusiasmo per non far preoccupare il padre tentando di apprendere qualcosa di utile, ma nel suo spirito duellavano due forze eterne. Leggeva anche dieci volte la stessa pagina del manuale senza capirci niente e intanto continuavano a risuonargli dentro le sue fantasie melodiche. Il padre era molto preoccupato per lui. La viva passione di Joseph per la musica traeva forza dal silenzio. Se per qualche settimana non aveva percepito suono, si sentiva morto dentro. Allora attendeva che una nota lo riaccendesse.

Anche i suonatori erranti delle feste campestri potevano, senza averne sentore, farlo rinascere con i loro strumenti a fiato e ogni volta che nei borghi confinanti suonava qualche banda, con bruciante brama Joseph accorreva, che diluviasse, nevicasse o infuriasse la bufera. Quasi ogni giorno rievocava con tristezza il tempo felice passato nella residenza vescovile laddove aveva ascoltato musica preziosa e gli sfilavano in mente le mai obliate, amabili e commoventi parole di quell’oratorio sacro che era stato il primo dei suoi ascolti e che lo aveva profondamente impressionato:

Stabat Mater dolorosa

Juxta crucem lacrymosa,

Dum pendebat filius:

Cujus animam gementem,

Contristantem et dolentem

Pertransivit gladius.

O quam tristis et afflicta

Fuit illa benedicta

Mater unigeniti:

Quae moerebat et dolebat

Et tremebat, cum videbat

Nati poenas inclyti.



E così via. Però se un’ora così sublime, da lui vissuta in mezzo a sogni eterei o nell’ebbrezza di una musica magnifica, se un’ora così sublime gli veniva interrotta per qualche miserabile motivo, la lite fra le sorelle per un vestito nuovo o il fatto che il padre avesse lesinato alla maggiore il denaro per le spese di casa o avesse raccontato di qualcuno che era in condizioni pietose per una malattia, o se una vecchia mendicante tutta gobba e avvolta in stracci che non potevano difenderla dall’inverno bussava alla porta – ah, non esiste al mondo alcuna impressione così terribilmente amara che allora lacerava Joseph!