Sorge un Castello sulle rive di un Lago Oscuro capace di ospitare una così grande, anzi per certi versi indelimitabile, varietà di ambienti esterni al suo interno, “da smorzare nei suoi ospiti ogni sia pur vaga coscienza della prigionia.”

E’ IL CASTELLO DI RHAZUN

Chi lo abita ha visto il castello dall’esterno solo in un sogno ricorrente: “vedevamo il Castello dall’esterno, come se fossimo viandanti giunti da lontanissimo, e scorgendolo a centomila passi dal nostro sguardo, scoprivamo che non era in verità un castello ma una montagna altissima, roccia immersa nella nebbia  e che questa montagna non si trovava sulle rive del Lago Oscuro ma proprio in mezzo al suo marezzato specchio, nel suo liquido cuore invisibile, e che questo Lago Oscuro era vasto quanto avrebbe potuto esserlo un mare e accerchiava la Montagna, o forse addirittura la sovrastava come un vero e proprio cielo fatto d’acqua.”

La montagna al centro del lago ti ricorda qualcosa?

Il Castello è abitato dagli ORFANI DI RHAZUN, esseri diafani e quasi incorporei, pneumi astrali, presenze eteree nutrite quasi esclusivamente da essenze profumate nebulizzate “che arieggiano erbe e petali di altri mondi.”

Ciò he li distingue drasticamente dai  Casuali è il non essere nati. Sono creati in vitro per essere controllati e super potenziati nelle capacità intellettive e allontanati dal sentire umano per l’asportazione della memoria personale.

Qualcosa di loro richiama la sintesi di laboratorio di una gerarchia angelica gnostica riprodotta nel futuro. Sono creati – non è ben chiaro da chi, forse dal loro Re Herian – per realizzare concretamente un’evoluzione massima ed eterna della specie. Sono i costruttori dell’Universo delle Voragini.

“Questa totale preclusione di aperture però, più che infondere un senso di soffocante segregazione,  forniva alle nostre anime di Orfani reclusi una fede abnorme nella loro inviolabilità e nella potenza difensiva del Castello: ci sentivamo al sicuro: la nostra vita scorreva serena entro quei limiti, e che io sappia, nessuno di noi ebbe mai voglia di avventurarsi oltre,  anzi avevamo certezza che  proprio  quel rigoroso assetto di confini fosse più che mai necessario a garantire una solida  tenuta stagna nei confronti dell’abisso che doveva fremere ovunque, fuori di lì.  Al risveglio, nelle fredde albe d’inverno ciascuno di noi dubitava dei propri sogni, anche se finiva sempre per scoprirli uguali a quelli degli altri.”