LA STRANISSIMA ESISTENZA DEL MUSICISTA JOSEPH BERGLINGER IN DUE CAPITOLI
W. H. Wackenroder
In più occasioni e per mio divertimento ho rivolto lo sguardo ai tesori d’arte dei secoli passati ma ora il mio spirito mi induce a indugiare in tempi prossimi ai nostri, per documentare la storia di un artista che dalla più tenera infanzia ho conosciuto e avuto per intimo amico.
PRESTO TE NE SEI ANDATO DALLA TERRA, MIO JOSEPH!
E NON FACILMENTE TROVERÒ QUALCUNO CHE TI SOMIGLI!
Ma vorrei rinfrancarmi ricostruendo la storia del tuo spirito da principio e arricchendola di dettagli, come tu più volte me l’hai narrata nelle belle ore, e come io ho imparato a conoscerti intimamente, rivedendoti nei miei pensieri.
E intendo raccontare questa storia a chi ne trarrà gioia.
JOSEPH BERGLINGER era nato in una piccola città della GERMANIA del SUD. Sua madre, dandolo alla luce aveva dovuto lasciare il mondo; suo padre, uomo già piuttosto anziano, era dottore in medicina e viveva in ristrettezze: la fortuna gli aveva voltato le spalle, e gli costava amaro sudore mantenere se stesso e sei bimbi (Joseph aveva, difatti, cinque sorelle) specie da quando gli era mancata una saggia padrona di casa.
Questo padre era in origine un uomo mite e di gran cuore che non amava far altro che aiutare il prossimo per quanto gli era possibile, con elemosine e consigli, e che dopo una buona azione dormiva più tranquillo del solito.
Con appassionata empatia e per riconoscenza verso la divinità si valeva dei frutti del cuore e nutriva il suo spirito di caldi sentimenti. Si deve esser presi da profonda malinconia e impetuoso affetto ogni volta che si considera l’invidiabile semplicità di queste anime, che nelle abituali manifestazioni della bontà trovano un così insondabile abisso di beatitudine che per loro la terra, nella quale sempre dimorano, riconciliate con il mondo, in stato di serafica quiete, diviene celeste.
Osservando suo padre, proprio questa impressione aveva Joseph: per lui il CIELO aveva disposto diversamente, orientandolo verso qualcosa di più alto. Non lo allettavano infatti, la semplice salute dell’anima e gli adempimenti della vita comune come operare e fare il bene. Avrebbe voluto danzare NELL’AZZURRO con la rigogliosa esultanza di una allodola, librandosi e giubilando verso la propria Origine.
Invece suo padre era attratto anche da altro, medico attivo e responsabile, aveva consacrato il suo tempo allo studio dei misteriosi fenomeni nascosti nel corpo umano e vasta era la sua scienza delle malattie più devastanti. Poi, come molti intuiscono, questa ardente ricerca era diventata per lui un veleno segreto che gli aveva intorpidito i nervi insinuandosi in tutte le vene e recidendo molte delle corde armoniose del suo spirito, a ciò si era aggiunto infine il tempo della miseria e della vecchiaia e tutto questo aveva inquinato la sua originaria purezza, poiché alle anime non forti gli avvenimenti esterni passano, per così dire, nel sangue senza che se ne accorgano, tramutandole.
I figli del vecchio medico crebbero sotto il suo tetto come erbe in un giardino abbandonato. Le ragazze, malaticce e deboli di spirito, conducevano una lamentevole esistenza in una stanzetta buia. Qui nessuno poteva trovarsi peggio di Joseph che viveva di belle immagini e sogni celesti.
La sua anima era simile a un tenero albero appena nato, il cui seme, depositato da un nidifugo su mura e ruine, fosse cresciuto verginalmente, germinando tra pietre arcigne. E stava bene in disparte, solitario e muto, nutrendosi delle proprie fantasie interiori, cosicché il padre riteneva anche lui un po’ ottuso e debole di spirito. Joseph amava sinceramente i familiari ma stimava più di tutto il proprio spirito, che nascondeva agli altri, così si custodisce uno scrigno colmo di gemme, tenendone la chiave occulta.