La nuova Melusina 4

Quando io supplicandola le chiesi di spiegarsi meglio, lei rispose: “posso ben farlo purtroppo, proprio perché non mi sarà più possibile restare con te. Apprendi dunque ora quel che avrei preferito nasconderti fino all’ultimo. La forma nella quale tu mi hai vista nel cofanetto è la mia vera natura: io provengo dal tronco del re Eckwald, il potente sovrano degli gnomi di cui narra la veridica leggenda. Il nostro popolo è ancora attivo e laborioso come nelle antiche età, e perciò anche facile da governare. Ma non devi credere che gli gnomi nelle loro attività siano rimasti indietro. Una volta forgiavano spade che incalzavano il nemico, invisibili e misteriose catene, impenetrabili scudi e altri simili celebrati manufatti. Ma adesso si occupano soprattutto di comodità e pulizia e in questo superano tutti i popoli della terra. Ti meraviglieresti se visitassi le nostre officine e i nostri magazzini. E tutto questo andrebbe anche bene se non fosse sopraggiunta in generale in tutto il regno, ma soprattutto in seno alla famiglia reale, una particolare circostanza”.

testo La nuova Melusina in lingua originale sulla scrivania di Rebecca

A quel punto smise di guardarmi. Le chiesi di rivelarmi lo strano mistero e lei mi esaudì subito.

“E’ noto – disse – che Dio appena ebbe creato il mondo, quando tutto il regno terrestre era ormai all’asciutto e le montagne si ergevano imponenti e magnifiche, che Dio dico, subito, prima di tutto il resto, creò gli gnomi, affinché vi fossero anche esseri razionali in grado di ammirare e adorare i suoi prodigi all’interno della terra nelle profondità delle gole abissali. E’ inoltre noto che in seguito questa piccola razza pensò di arrogarsi il dominio della terra, per cui Dio creò i draghi al fine di risospingere gli gnomi nelle montagne. Ma poiché i draghi erano soliti annidarsi e risiedere nelle grandi caverne e nelle fenditure delle rocce, e molti sputavano anche fuoco e altri diffondevano il terrore, tali angosce e affanni ebbero gli gnomi che non sapevano più dove fuggire e così, umili e supplichevoli, si rivolsero a Dio padre pregandolo di sterminare il losco popolo dei draghi. Ora però, Dio, nella sua saggezza, non poteva decidersi ad annientare le sue creature, eppure fu talmente commosso dall’angoscia dei poveri gnomi che subito creò i giganti, i quali mossero contro i draghi, se non per sterminarli, almeno per indebolirli. Ma, sconfitti i draghi, anche nei giganti montò l’orgogliosa presunzione, per cui, empi, infierirono soprattutto contro gli gnomi, i quali nella loro angoscia si rivolsero un’altra volta a Dio, che nella sua somma potenza creò i cavalieri. Questi ultimi infuriarono contro i draghi e contro i giganti, e alla fine vissero in buona armonia con gli gnomi. Tale fu il suggello al lavoro della creazione: e da allora i giganti sono sempre stati alleati dei draghi, e i cavalieri degli gnomi. Da ciò potrai adesso capire amico mio, che noi apparteniamo alla razza più antica del mondo, degna di onore sì, ma gravata da un triste fardello.

Si sa che al mondo niente dura in eterno, e tutto ciò che un tempo è stato grande è destinato a ridimensionarsi, così anche noi fin dal tempo della creazione. E più di chiunque altro, la famiglia reale che per la purezza del suo sangue è la prima ad essere assoggettata a questo destino. Perciò i nostri saggi hanno già da molti anni escogitato una scappatoia: in determinati periodi una principessa della casa reale viene inviata fuori nel mondo per sposare un cavaliere degno d’onore, affinché la stirpe degli gnomi si rigeneri e sia salvata dalla totale rovina”.

Mentre la mia bella candidamente pronunciava queste parole, la guardavo dubbioso, perché sembrava quasi si divertisse a prendermi in giro. Per quel che riguardava le sue nobili origini, non avevo alcun dubbio; ma che lei avesse preso me per un cavaliere, ciò mi ispirava una certa diffidenza: mi conoscevo bene ed era come se avessi dovuto credere all’origine divina dei miei ascendenti. Nascosi il dubbio e lo stupore rivolgendole dolcemente una domanda: “ma, dimmi, piccola mia, in che modo assumi una così grande e bella forma? Conosco infatti poche donne che possano paragonarsi a te e rivaleggiare con il tuo aspetto magnifico.” “Devi sapere” – rispose la mia bella – “che da tempo immemorabile è tradizione nel consiglio dei re degli gnomi che si mediti quanto più a lungo possibile prima di ogni decisione straordinaria, cosa che io trovo del tutto naturale e ragionevole. Si sarebbe forse esitato ancora a lungo a inviare una principessa per il mondo se il mio fratello minore, appena nato, non fosse stato così mingherlino che le nutrici se lo videro letteralmente sparire tra le fasce e da allora non si sa dove sia andato a finire. A causa di questo evento inaudito negli annuari del regno degli gnomi, furono convocati i saggi e in breve fu presa la decisione di spedirmi a cercar marito”.

“La decisione dei saggi!” gridai – “Va bene, ci si può decidere, si può deliberare qualcosa, ma dare questo divino aspetto a un piccolo gnomo! Come sono riusciti a farlo i vostri saggi?” – “Anche questo era stato previsto dai nostri antenati” – disse lei – “nel tesoro reale si trovava un gigantesco anello d’oro. E se dico gigantesco, è perché è così come mi apparve un tempo, quando mi fu mostrato da bambina. E’ proprio l’anello che ora ho al dito. E dunque mi preparai alla missione. Mi fu detto prima di tutto cosa dovessi aspettarmi. Ricevetti istruzioni su cosa fare e su cosa evitare.

Fu edificato uno sfarzosissimo palazzo sul modello della magione estiva prediletta dai miei genitori: un edificio principale con le sue ali e tutto quanto si può desiderare. Si trovava all’ingresso di un’enorme fenditura nella roccia, che adornava in modo splendido. Nel giorno stabilito la corte vi si trasferì e i miei genitori con me. L’armata sfilò e ventiquattro sacerdoti trasportarono, non senza fatica, su una preziosissima lettiga il meraviglioso anello che fu posto sulla soglia dell’edificio, proprio all’ingresso. Si officiarono vari riti e dopo un commosso addio mi avviai per compiere la mia missione. Entrai e posai la mano sull’anello, e subito d’incanto cominciai a crescere.