La proprietaria dell’albergo ha contestato l’italianita’ di ALESSANDRO afferrandogli la barba, che aveva lunga, biondissima e incolta, una barba da monaco russo o da RAGNAR IL VICHINGO, e gridando in tedesco: “italiano..??? e questa barba!???.”. Se penso alla scena mi torna in mente quella parte del polittico di ISENHEIM, in cui un demone mostruosamente ridicolo tira la barba a un santo eremita. La mattina serve la colazione una donna bionda, che la domenica veste alla tirolese (come le eleganti signore austriache che aspettano il concerto di ABBADO nel foyer del FESTSPIELHAUS di Salisburgo) e, in stile HEIDI, tiene in un cestino un certo numero di uova alla coque. BIANCHE. Ma questo potrebbe essere un ricordo misto perché rammento una simile scena in un alberghetto isolato nella FORESTA NERA, di nome HAUS IM WALD, e devo dire che anche io preparo uova alla coque certe mattine in casa AURORA. Sono bianchissime.
Di fronte al grande albergo di PROMONTOGNO mi trovo in profonda prostrazione proprio appena mi siedo e lo vedo preda del personale poco professionale, che serve ai tavoli con spropositata sciatteria: cioè questi addirittura sbadigliano e tra uno sbadiglio e l’altro mettono sotto braccio il vassoio vuoto e in quel prominente borsellino di cuoio nero, che tengono al fianco come un marsupio, immettono franchi argentati. E penso ai tempi belli che deve aver vissuto questo grande albergo, quando non aveva questi quattro miserabili turisti di passaggio sotto il sole, nel tempo morto di un incrocio di capolinea in attesa di prendere il pullman, chi per SOGLIO, chi per CHIAVENNA, chi per SAN MURAZZAN, ma in una sua belle époque era tutto illuminato e pieno di gente elegante, di ventagli, chiffon e veli tra i capelli e le mogli di medici termali con figlie dai nomi di città invisibile, accompagnate al tavolino dall’amante di turno, ordinavano sorbetti al limone in coppe argentee satinate.
Il grande albergo è giallo pallido come una stazioncina della CARINZIA e non a caso sembra simile al palazzo, credo jugendstil, fatto edificare a Corfù da quella imperatrice d’Austria uccisa da un italiano.
Stavo cenando a SILS MARIA in quel ristorante che si trova sulla strada principale del villaggio (se non erro, si chiama ALPENROSE o EDELWEISS) proprio a nord del lago, sullo sfondo la punta del MALOJA, splendente di bianco. Ero con SANDRA DI MODENA, mia amica carissima. Avevamo lasciato la macchina, una modesta panda giallina, parcheggiata alle porte di SILS BASELGIA, accanto alla chiesa di SAN LORENZO, di fronte alla PENSIUN GRISHA, lì dove dall’altro lato della strada le ALPI sembrano basse e si sentono fischiare le marmotte, e stridere forse le aquile reali provenienti dalle foreste di LA PUNT CHAMUES proprio di fronte allo JULIERPASS, estremo occidente dell’ENGADINA, che lì comincia a inarcarsi verso l’autostrada COIRA-ZURIGO.
Avevo avuto un bel dire con la mia amica che avrebbe potuto non chiudere la macchina, tanto lì nessuno avrebbe mai rubato nulla, mai e poi mai… ma Sandra era ostile a tutti i luoghi comuni, specie a quello che associava all’idea di paese nordico il concetto di oasi incorruttibile, quindi chiuse benissimo la macchina… E intanto io pensavo a quei baracchini nei boschi, stracolmi ordinatamente di marmellate al mirtillo, incuffiettate a scacchi bianchi e rossi come conserve della nonna, accanto a una cassetta fessurata come un salvadanaio per inserire la moneta e poi prendere la marmellata. Immaginavo che di fronte a una simile dispensa silvestre in ITALIA qualcuno di passaggio non si sarebbe limitato a prendere le marmellate senza pagare, ma avrebbe anche vandalizzato e distrutto il baracchino e si può immaginare il nostro sconcerto quando quella sera a SILS, finita la cena e raggiunta la macchina, scoprimmo che era stata scassinata. Scomparsi i nostri regalini: per me due cagnetti in peluche accucciati su un cuscino dentro un cestello di paglia; per lei un libro su vari modi di cucinare il ROSTI e io intanto sentivo che mi avevano rubato perfino la terra sotto i piedi e me la ridevo anche, immaginando la faccia che avrebbero fatto i ladri scoprendo il contenuto dei pacchetti che la mia amica aveva maneggiato con tanta cura come se contenessero gioielli, nascondendoli nel bagagliaio. Chi era la colpevole? Io, che avevo vantato la locale innocenza o non invece la mia amica, che aveva creduto nella universale corruzione, mostrandosi perciò troppo guardinga?