Un villaggio dei Grigioni 4

Sui monti di Modena c’è un paese che non ho mai visto, di nome FIUMALBO. Ora io, quando penso a questo nome, non immagino il luogo, che non conosco, ma un luogo che già conosco.

La BREGAGLIA: quei villaggi in cui antichi ponti di pietra si inarcano su un fiume spumoso che, racconta Wikipedia, si chiama Mera o Maira, nasce dal MALOJA e muore nel LARIO. Trovo giusto che un fiume muoia nelle congeneri acque di un altro fiume o di un lago! Non come, ingloriosamente, dopo un corso regale (motivo di canto per poeti e musicisti) muore il RENO.

QUINDI VEDO LA MORTE DELLA MAIRA COME UN NASTRO ACQUEO CHE SI INSINUA INAVVERTITO IN ALTO LAGO, NEI PRESSI DI SORICO O DI DOMASO.

Tempo fa, ascoltando l’ADAGIETTO DELLA QUINTA DI MAHLER mi si è riacceso in un flash di memoria quel mattino azzurro quando tutte quelle cavallette mi infestavano i passi verso CASTELMUR.

AVEVO paura di uccidere calpestando ma andavo avanti. Non stavo passando dal bosco del CUDIN e dal villaggio di BORGONOVO ma da un sentiero più elevato, quando mi affiancò schiumeggiando in veste di fiumicello, la Maira o un suo parente. I sassi del greto erano così candidi da sembrare spuma consolidata; ricordo di aver pensato che se lo avessi visto, quel candore, su un sito o su una rivista, lo avrei creduto un trucco, una cosa irreale.

NON SO PERCHE’, non so quanti passi dopo, da una fontana che versava la propria acqua nel cavo di un tronco dedussi che non dovevano essere lontane le merlature rosate di CASTELMUR (se sorgesse una città, invisibile! intorno a CASTELMUR si chiamerebbe ROSAURA). Dopo qualche passo, difatti, apparvero il retro del palazzo, il giardino del suono, i castagni, della cui signoria arborea si vocifera a proposito del sud della valle, specie dei boschi di CASTASEGNA. Della leggendaria torta di castagne mangerò un trancio (non mi piacerà: troppo dolce) in una mattinata buia e tempestosa, nel caldo di una STUBE a Mustair non lontano da quel monastero saturo di affreschi color arancione stinto, forse di epoca carolingia.

MI INERPICO SU PER UNA SALITA RIPIDISSIMA SUL RETRO DI CASTELMUR, giro la maniglia di un portale in apparenza chiuso a chiave, mi ritrovo in una chiesetta deserta di fronte a una immensa RESURREZIONE (un mosaico o un affresco) di un GIACOMETTI, forse quello che dipinse galassie sulle vetrate scure di una chiesa di COIRA o di ZURIGO, non ricordo.

Ora mi trovo molto in alto. HO APPENA LASCIATO DURBEGIA… Intendo raggiungere SOGLIO. Non devono essere bianchi i sassi dei fiumi che sto guadando con la paura enorme di fracassarmi la testa sulla loro dilavata durezza. Raggiunta Soglio e scoperto il bar-giardino di PALAZZO SALIS, mi predispongo alla discesa epica verso PROMONTOGNO. Mi duole ancora il ginocchio sinistro a ricordo del WATZMANN, sulle Prealpi Bavaresi, percorso in discesa, lacrimando a ogni passo nel terrore di sfracellarmi… fino all’isola sul Lago, lì dove stando alla mia memoria, sorgono solo una chiesetta dalle cupole rosse e un Biergarten abbandonato.

Mi sembra più che mai un paradiso la ZIMMER che ci attende in un alberghetto a RAMSAU, FRAZIONE DI BERCHTESGADEN, con un balcone dà direttamente su una chiesa che non ricordo se ha il campanile a bulbo di cipolla oppure a cappello di fata (sono queste le due modalità delle torri campanarie nelle valli del TIROLO, DEL VORALBERG, DELLA STIRIA, DEI GRIGIONI, DI URI, DI UNTERWALDEN, DELLA BAVIERA, DELLA SVEVIA, eccetera). Accanto alla chiesupola scorre un fiumiciattolo, che tuona e schiumeggia, quasi fosse il RENO a SCHAFFHAUSEN.