Comunque, in seguito, telefonicamente, dovendo riferire i particolari del furto al commissariato di SAMEDAN, SANDRA sfodero’ sangue freddo e ottimo tedesco.
Qualche tempo dopo ci ritrovammo, per motivi sempre connessi al fattaccio, nella sede di polizia di CASTASEGNA. Più mi guardavo intorno più pensavo che in una sede di polizia italiana avrei visto più che altro un grigio generale di scaffali e incartamenti tra desktop troppo classici di vecchi computer, mentre lì vedevo colori pastello e quei mobiletti stile IKEA dagli angoli smussati tipo seggiole color fragola, tavolini turchini, sgabelli color sole: QUEL COMMISSARIATO SEMBRAVA UN ASILO DI INFANZIA, e il Commissario era un ragazzo originario di un villaggio della BASSA ENGADINA, parlava dei corsi che si sarebbero dovuti istituire per insegnare le lingue engadinesi, troppo belle per essere relegate a relitti dialettali, parlate solo da alcuni sulle ALPI RETICHE. E mentre parlava, mi sfilava in mente la toponomastica grigionese, quella con la U trionfale: SCUOL, TARASP-VULPERA, ZUOZ, GUARDA, SAMNAUN, RHAZUNS, FILISUR, BERGUN, ALVANEU, PLESSUR, LANDQUART, THUSIS,
RUINAULTA,
LUMBREIN,
DISENTIS/MUSTER
SURLEJ, PLAUN DE LEJ,
JULIER, ALBULA, FLUELA,
MURAGL, MUSTAIR,
CASTELMUR…
QUALCHE NOTTE FA HO SOGNATO di ricevere una telefonata in cui mi si comunicava che avrei dovuto ricominciare le supplenze. E io tutta contenta… “Ma devi andare su per quei paesini sperduti dalle parti di LECCO!” E io “PRONTA!!!!” Nel sogno non si parlava per niente della BREGAGLIA. La sua esistenza la ignoravo. “NON mi spaventano le albe di buio e di gelo. ANZI!!! Mi rigenerano. E poi le ho già affrontate anni fa su per l’altro… ramo del lago…”
In quel periodo leggevo L’IMPIEGO DEL TEMPO di BUTOR e consideravo qualsiasi lavoro un killer delle mie forze, un mostro cronofago. Quindi ogni mattina presto in pullman per Argegno o Menaggio partivo con la morte nel cuore. Invece avrei dovuto avere la vita nel cuore! Ad Argegno prendevo un pullman per la VALLE INTELVI; a Menaggio per un breve periodo un pullman per GRAVEDONA che in quel mese di Ottobre era sovrastata da prati profondi di foglie morte: la valle del LIVO. Caldarroste in paioli neri fumavano sui focolari di qualche crotto.
Di tutte le cose che avrò visto in quelle albe alla stazione autolinee di COMO dove prendevo il pullman, nel ricordo restano solo i gabbiani, che si avventavano con garriti famelici sui filoni di pane, caldo presumo, che riempivano i contenitori di plastica bianchi, trasportati nel vicino supermercato. Ma non erano gabbiani. Erano cigni. Mi meravigliava vedere in quella forsennata caccia al primo cibo del giorno, convulsionarsi quelle piume, che in genere vedevo così austere e assorte nella loro compostezza, cullate appena dalla quiete solenne del moto ondoso del lago.
In sogno non vedo l’ora di ricominciare tutti questi giri per le supplenze, poi la doccia gelata: OH NOO NON MI POSSO MUOVERE!
A MENAGGIO qualcuno mi disse: “se vai a ST MORITZ non perderti il museo SEGANTINI”.
Segantini a me non era mai piaciuto: nella sua produzione non vedevo le specificità del MALOJA, di SILS, della BREGAGLIA, solo genericamente montagna. Preferivo i suoi dipinti proni alla voga pittorica del tempo, intrisi di certo onirismo visionario come LE MADRI CRUDELI, specie di sinistre driadi, che ho avuto modo di vedere a VIENNA, e ora penso che se OVIDIO avesse visto quella immagine avrebbe chiamato la sua Dafne MATER CRUDELIS. Ma madre di chi se non di se stessa??????